Quando sono soli vogliono stare con gli altri, e quando sono con gli altri vogliono stare soli. Dopo tutto gli esseri umani sono così.
(Getrude Stein)
E’ vero, amo l’autunno. La valle è splendida e torna a essere “a misura d’uomo” dopo la confusione estiva. La fortuna di vivere tra queste montagne meravigliose mi permette, assieme alla possibilità di gestirmi gli impegni editoriali, di scappare verso luoghi ancor più solitari quando ne sento il richiamo. Ho già avuto modo di dirlo: non sono un fautore dell’alpinismo solitario ma vi sono periodi in cui penso che la solitudine in arrampicata o in alpinismo siano dei passaggi obbligati per capire quanto “bastiamo” a noi stessi. Talvolta ho arrampicato in autoassicurazione, altre volte in free-solo. E’ però senza la corda che nel cuore di una parete spesso ignota, ho più volte assaporato l’incertezza della riuscita, consapevole che a un certo punto non vi era che una possibilità: continuare a salire. Eppure in quei momenti mi sono sentito leggero e sicuro in piena sintonia con l’ambiente circostante e con i suoi elementi. Non sono stato io a trovare la via o i movimenti giusti: una misteriosa armonia di bellezza e quiete ha guidato i miei piedi su piccoli appoggi e le mie mani su appigli che si sono puntualmente materializzati. Questa storia di solitudini autunnali non è però iniziata sulla roccia o sul ghiaccio ma lungo erti passaggi dimenticati di valloni solitari, dove la presenza umana non è più consuetudine da moltissimi decenni. Lassù sulle cenge sospese o nei profondi canaloni, nelle ancor tiepide giornate di sole pur al contatto con le prime nevi, ritrovo sempre me stesso e le radici delle mie scelte.