Mountain Blog si occupa oramai di torrentismo a tempo pieno grazie ai tanti appassionati di questa disciplina in evoluzione che, nonostante la “giovane età”, è già un must per molti!
Il canyoning è un’attività di montagna con componenti ludiche, romantiche, ambientali, sportive ed esplorative. Volendo focalizzare la nostra attenzione su quest’ultime, e quindi sul futuro, si rende necessario il parere di un vero esperto che ne abbia seguito la relativa storia in Italia, a partire dalla sua genesi.
Abbiamo perciò incontrato Roberto Schenone, vicepresidente in carica dell’Associazione Italiana Canyoning, Istruttore Nazionale della Scuola Nazionale Canyoning da 2003, per tutti “Skeno”, torrentista di lungo corso.
Incominciò la sua carriera nel 1991 con un’avventurosa ed improvvisata discesa del Rio Lerca, in Liguria, insieme agli amici del Cica Rude Clan.
«I primi anni siamo miracolosamente sopravvissuti alla nostra incoscienza. Soltanto nel 1997, grazie ad internet, siamo entrati in contatto con altri torrentisti e dallo scambio di esperienze abbiamo cominciato a vivere il torrentismo in modo più sicuro e consapevole».
Roberto Schenone dopo 20 anni di attività vanta oltre 280 discese di canyon diversi ed almeno altrettante ripetizioni. L’esperto torrentista ha sondato buona parte del continente europeo e si è spinto ben oltre, con discese di forre in Costa Rica, Réunion, Stati Uniti e Giordania.
La sua attività si arricchisce con l’esplorazione. Roberto ha al suo attivo infatti ben 25 prime di canyon nuovi.
«L’esperienza esplorativa più bella è forse il viaggio in Montenegro, dove abbiamo riscoperto una gran bella forra, esplorata da speleo locali e poi dimenticata, e cercato altri percorsi, trovando poco, ma con difficoltà oggettive, legate ai tempi stretti ed ai problemi logistici».
Schenone, nel 1998 fu membro attivo tra gli storici fondatori dell’AIC (Associazione Italiana Canyoning), per la quale ha ricoperto molteplici incarichi. Ha uno sguardo attento al panorama torrentistico, che si può dire equilibrato e distaccato, anche perchè può vantare la pratica di molteplici discipline tra cui arrampicata, sci alpinismo e qualche esperienza di kayak su fiume.
Che spazio c’è nel torrentismo per le esplorazioni?
Moltissimo, ogni anno si scoprono nuovi percorsi. In Italia è diventato più difficile trovare bei torrenti nuovi, ma specialmente fuori dall’Europa c’è un mondo da scoprire.
Quali zone sono ancora inesplorate in Italia?
Poche, ormai dappertutto c’è qualcuno che cerca (e trova). Anche al sud, anche se per ora mancano le informazioni in bibliografia, c’è chi esplora con assiduità. Tuttavia qualche percorso dimenticato o, per strane ragioni, finora ignorato, c’è sempre. In generale bisogna diffidare di chi dice: “Li ho già visto tutto”… o non ha guardato bene o fa il “pesce in barile”, perché sa che c’è qualcosa di interessante ancora da scendere.
Nell’Europa?
In Europa negli ultimi anni le più belle novità sono arrivate dalla Svizzera: tecniche adatte, attrezzature moderne e l’aumento dei praticanti stanno portando a battere anche le zone finora ignorate. Per il resto bisogna secondo me bisogna guardare ad est: Bosnia, Romania, Albania, Montenegro, Ucraina.
Nel mondo?
Dovessi scegliere tre posti in cui andare, considerando difficoltà logistico-ambientali relativamente ridotte ed alto potenziale torrentistico, attualmente andrei in Sud Africa, Nuova Zelanda e Turchia.
Il mondo è grande… l’evoluzione dell’esplorazione, anche se è brutto dirlo, seguirà la costruzione di nuove strade. Ho visto posti “pazzeschi” in Perù e Bolivia, per esempio, dove attualmente i problemi logistici sono quasi insormontabili, ma le forre ci sono. In generale pensate a cosa ci può “essere dentro” catene come la Cordigliera Andina o l’Himalaya…
Sei stato uno degli organizzatori, che ne pensi del Raduno internazionale Ossola2010?
Penso… mai più! La soddisfazione c’è stata, il raduno è stato positivo, ma mi è costato troppo in termini di stress e di lavoro. Se faccio una cosa, la faccio bene ed al 100%, ma guardare gli altri che vanno in forra e gestire pubbliche relazioni mi causa depressione…
Cos’è per te il canyoning?
Una passione. Ammetto che è nata come ripiego, nel senso che ho fatto tanto torrentismo anche perché sono “scarso” in montagna, ma col tempo è diventata una vera passione a 360°, sia per l’attività che per i luoghi.
Tutto quello che ho fatto, è stato solo per divertirmi e senza alcun interesse personale: senza falsa modestia, ma senza presunzione posso dire che penso di avere dato moltissimo al movimento, sia lavorando dentro AIC, sia fornendo informazioni attraverso il sito www.cicarudeclan.com. Il tutto senza ricevere praticamente nulla in cambio, né di materiale, né di immateriale.
Cosa prevedi per il canyoning italiano nel prossimo futuro?
È difficile fare previsioni. Molte forre sono diventate preda dell’avidità delle guide commerciali che le intasano senza ritegno con gruppi di clienti enormi o, peggio, le attrezzano come se fossero parchi avventura. Tuttora alcune forre sono considerate discariche dagli abitanti dei paesi limitrofi.
Per contro alcuni parchi vietano la pratica del torrentismo al loro interno, magari senza sapere di preciso di che si tratta e di quale sia il reale impatto. Insomma il quadro non è semplice. I praticanti stanno aumentando e chi si avvicina adesso all’attività spesso non ha un background tecnico come succedeva 20 anni fa, quando tutti i torrentisti arrivavano dalla speleologia e, in misura minore, dall’alpinismo. Il CAI, dopo vent’anni di sonno, comincia a muoversi e purtroppo lo fa in modo non troppo lineare. Lo so bene, perché sono anche consigliere della sezione Ligure. AIC è una realtà piccola, ma molto seria, ed anche al nostro interno i valori fondanti, (aggregazione, sicurezza, protezione dell’ambiente, cultura tecnica e dei luoghi), sono continuamente messi in discussione, ignorati o completamente disattesi, dai singoli.
Soprattutto siamo in vista di un rinnovo delle cariche sociali che è un salto nel buio.
La cultura dilagante è insomma quella del consumo. Utilizzo dell’elicottero o di fuoristrada anche per evitare avvicinamenti di 1h 30’, attrezzamenti devastanti, ricerca esasperata della performance o della visibilità personale.
Per molti i canyon sono soprattutto metaforiche “tacche” da mettere sull’imbrago. Io che apprezzo anche le piccole forre, o i canyon poco tecnici, purché apprezzabili a livello estetico, sono visto da tanti come uno da compatire. Devo dire che per fortuna ci sono anche tanti torrentisti invisibili che vivono i canyon come li vivo io, senza condizionamenti od obblighi. Però, ripeto, il problema è che stiamo diventando una retroguardia…
Quali saranno le tue prossime forre/progetti in futuro?
Al momento, torrentisticamente, sono un po’ scarico… l’ultima estate, fra raduno e vicissitudini, l’AIC mi ha un po’ svuotato. Di sicuro continuerò a battere valli e vallette liguri alla ricerca di piccoli percorsi. Questo rientra nella mia volontà di ridurre gli spostamenti legati alle mie passioni. Penso infatti che non sia giusto percorrere 600 km tutti i weekend, per fare un torrente, (o in generale per andare in montagna). Vado in forra per stare nella natura e non voglio contribuire a distruggerla col mio andare in torrente…
Intendo quindi “ridurre il danno”. Ho scelto rimanere vicino a casa qualche weekend in più e cercando di fermarmi più giorni quando vado lontano. Se poi nella mia regione troverò anche qualche percorso interessante, ci saranno altri torrentisti liguri che per fare una forretta nuova non dovranno viaggiare per i famigerati 600 km… Ad un livello superiore, di sicuro l’estate prossima andrò una settimana in Svizzera a vedere i tanti bei percorsi “nuovi” e, forse, andrò a esplorare in Turchia, sto prendendo contatti.
Il problema sarà trovare qualcuno che sia in grado ed abbia tempo e voglia di accompagnarmi.
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