Svegliarsi all’alba, d’inverno, sorseggiare un caffè bollente mentre al di là dei vetri appannati dal gelo osservi e studi il bosco che di lì a poco ti accoglierà, è un’esperienza ogni volta impagabile. Sai che quella giornata è per te, non vedi l’ora di essere in cammino. Girando e rigirando pian piano, come un automa, il cucchiaino nella tazza pensi al percorso che a lungo ti sei studiato sulla carta e poi stampato nella mente, per arrivare in quel preciso posto con la luce giusta e portare a casa quell’immagine che cerchi da tempo. Inizia allora come una specie di concentrazione, di avvicinamento psicologico ai momenti che vivrai, li immagini; segui con gli occhi tutto ciò che hai ordinatamente messo sul tavolo la sera prima e ne sussurri il nome, in una specie di appello: macchina… magazzini… lenti…ok… filtri… paraluce… pellicole…ok, si… portapellicole…pile per l’esposimetro… cavi di scatto… treppiede… e man mano riponi ogni cosa al suo posto, pronta ad essere utilizzata al momento giusto. Ancora uno sguardo fuori per accorgerti che il sole ha iniziato ad illuminare il profilo delle cime sopra il bosco e dirti che è tempo che tu vada. Il tuo mondo ti aspetta e non devi farlo aspettare. Tra un po’ sarai là, vicino al torrente, nel gelo dei -20 ad attendere il momento giusto per raccogliere l’essenza di un bosco d’inverno e sperare poi che almeno una foto abbia la forza di raccontare a tutti quel momento. Chissà… forse si, forse no… ma non è fondamentale. Le foto arrivano, prima o poi. L’importante sarà aver portato a casa un buon giorno in più vissuto nel bosco, con il bosco. Perchè questo sarà ciò che ti resta dentro, alla fine di tutto.
( Ringrazio l’amico Marco Fardelli per la bellissima foto)