Ho un cosiddetto libro nel cassetto da tre anni, che uscirà il prossimo, credo, che iniziai con una dedica importante: «Canterò le mie canzoni per la strada ed affronterò la vita a muso duro, […] canterò le mie canzoni a tutti loro e alla fine della strada, potrò direi che i miei giorni li ho vissuti». “A Muso Duro” (1979) – Pierangelo Bertoli
Mi sono domandato molte cose da questa mattina. La vita è curiosa, sovente meravigliosa e in alcuni momenti un incubo, ma sempre curiosa. Il dubbio scende nello stomaco, una via di mezzo tra inchiostro di arsenico e farfalle di cioccolata, e poi esce dal corpo sotto forma di pensiero… non sempre dalla via giusta.
Ma è proprio questo che ci rende uomini.
Ricordo un passo di Remarque, in “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. . Egli scrisse che l’unico momento in cui i soldati di trincea potevano sentirsi ancora umani, si verificava quando si ritrovavano per defecare insieme. Dopo mangiato, i feriti per poco lasciati in retrovia, si fermavano seduti nel verde, a giocare a carte disposti a croce. Quando da ragazzi pensavano a situazioni simili erano imbarazzati, quasi scossi… Da adulti, nell’orrore della guerra, la condivisione di un bisogno li faceva ancora sentire persone, sostanzialmente li creava ancora a vita.
Penso alle parole di Erri De Luca riferite a Nives Meroi, che nella zona della morte si avvertiva ancora come qualche cosa di esistente osservando il suo sangue di fertilità, altro inchiostro che scrive la vita sulle proprie falangi morbide.
Penso ai difetti decantati da Williams in “Will Hunting”, flatulenze segrete, che facevano di una donna sua moglie, che se stessa poteva essere solo con lui che a sua volta si manifestava con lei. E con ciò sentiva che “dio aveva inviato un angelo, per salvarlo dagli abissi dell’inferno”.
Imbarazzo? Esser vivi non lo è.
Amore… se ne parla tanto. Rimembro ora Benigni quando asserì che “come l’amore dei nostri genitori ci ha portato dal cielo alla terra, così l’amore della persona amata ci riporta dalla terra al cielo”.
Essere umani significa anche questo.
E ancora mi domando. Mentre astri che ruotano intorno a me e io a loro, mi mostrano verità completamente diverse e totalmente disgiunte, interpretazioni della realtà che nulla hanno a che spartire tra loro, serpeggio nella storia che non si afferma, scritta tra le pieghe di quella ufficiale.
E torno così a Bertoli.
Ognuno con la sua verità, ognuno con la sua ricetta, tutte sempre le più vere.
Resto con il mio parere, solo un opinione e penso.
In natura non esiste il giusto e lo sbagliato, ma solo ciò che è in equilibrio e ciò che invece non lo è.
Consumo i miei giorni, fino all’essenza. “Non scoprendo in punto di morte di non esser vissuto”.
Christian Roccati
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