Nonostante le Dolomiti siano state riconosciute Patrimonio UNESCO, la vita nell’area territoriale naturale che comprende queste meraviglie calcaree, per le specie animali selvatiche, non è affatto facile, anzi tutt’altro.
Questo vale a maggior ragione per l’orso bruno, un animale che necessita di areali molto vasti, e che per questo è solito spostarsi su percorsi di centinaia di chilometri.
Le ultime notizie di cronaca sembrano confermare la sempre più difficile convivenza dell’orso con l’uomo, in zone – anche e soprattutto tra le “monumentali” Dolomiti – sempre più antropizzate.
In Trentino il progetto di reinserimento degli orsi – LIFE Ursus, coordinato dalla Provincia di Trento – vive periodiche recrudescenze dell’opinione pubblica e del dibattito, come qualche giorno fà, quando si è deciso di catturare l’orsa “DJ3”, responsabile di aver sbranato una pecora nel centro abitato di Roncone (e come se non bastasse… era la pecora del parroco del paese!). Lorenzo Dellai, il Presidente della Provincia di Trento, che ha firmato l’ordine di cattura nonostante l’altolà del Ministero, ha dichiarato: “Mi sono preso la responsabilità di decidere nonostante il parere giunto da Roma perché siamo noi i gestori di questo progetto. […] Il consenso della comunità è decisivo, e oggi notiamo segnali di insofferenza di una larga parte dell’opinione pubblica. Serve buon senso e per questo abbiamo affidato uno studio tecnico per riflettere su quanti esemplari sono sostenibili in un territorio antropizzato come il nostro.”
Qualche giorno dopo il caso trentino, è toccato purtroppo all’orso “Dino” diventare protagonista delle cronache: ucciso (legalmente) dal fucile di un cacciatore in Slovenia, giunto lì proveniente dal Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi – dove era stato battezzato in onore dello scrittore Dino Buzzati – dopo aver percorso in due anni un tracciato che dalla Slovenia lo aveva portato in Trentino, quindi sull’altopiano di Asiago, e infine di nuovo in Slovenia attraverso il Cadore e la Carnia.
In un comunicato stampa del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi si è dichiarato: “Siamo senza parole e speriamo che questa vita spezzata così brutalmente aiuti tutti noi a crescere, ad imparare nuovamente a convivere con il selvatico, con il simpatico e un pò problematico amico dei boschi.”
Ma ancora più forte è in merito la presa di posizione di Mountain Wilderness, che nella lettera che vi riportiamo – firmata da Luigi Casanova, portavoce dell’associazione – denuncia come l’uccisione di Dino sia l’ennesima conferma della prevaricazione della cultura metropolitana sulla cultura di montagna, la stessa prevaricazione che nel nuovo logo delle Dolomiti “destruttura le tipiche torri dolomitiche per trasformarle in grattacieli“.
Ecco perchè – propone Mountain Wilderness – la Fondazione Dolomiti patrimonio UNESCO “deve cancellare ogni ipotesi di logo che umilia le nostre montagne per offrirci qualcosa di autentico, di reale, di coraggioso: un logo che ricordi l’orso Dino. Logo ufficiale di Dolomiti patrimonio naturale dell’umanità“.
Leggi la lettera di Mountain Wilderness >
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