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16 Maggio 2006

Ambiente · Cult · Interviste · Letteratura · Ambiente e Territorio · Cultura

VIVERE IN MONTAGNA PER RITROVARE PASSIONE E CREATIVITÀ Intervista a Mario Rigoni Stern

Mario Rigoni Stern - foto EtymoNato ad Asiago l’1 novembre 1921 e tuttora residente sull’Altopiano a cui è sempre stato legato, Mario Rigoni Stern è stato definito uno dei più intensi scrittori italiani del del dopoguerra. Sopravissuto alla ritirata di Russia del ’43, è diventato noto al grande pubblico per il romanzo "Il sergente nella neve", memoria di quelle tragiche vicende di vita e di guerra.
Da allora Rigoni Stern si è sempre fatto portatore di valori legati al rapporto dell’uomo con la natura, riuscendo a raccontare con la stessa intensità anche il quotidiano di una montagna non più scossa dai cannoni ma attraversata dalle masse dei turisti, e troppo spesso invece dimenticata nei suoi aspetti più profondi.

Il 3 maggio scorso ho chiesto a Mario Rigoni Stern di offrirci qualche spunto tratto dalla sua visione delle cose e della vita, per metterlo a disposizione dei lettori di Mountain Blog. Le sue parole hanno toccato alcuni dei tempi più importanti relativi al rapporto uomo-montagna.

D: Se non ci fosse stata la guerra, Mario Rigoni Stern avrebbe scritto?
R: Penso di sì. Perchè già da ragazzo, da studente, andavo fuori tema e scrivevo quello che mi piaceva, e quando a diciassette anni mi trovai alla Scuola militare d’alpinismo cominciai ad annotarmi giorno per giorno quello che mi capitava. Ma non sotto forma di diario: sotto forma di impressioni, direi.

D: E di cosa avrebbe scritto?
R: Beh, delle cose che mi sarebbero capitate, di quelle che conoscevo: per esempio, essendo nato in montagna ed avendo avuto una vita molto a contatto con l’ambiente e con la natura, avrei scritto di queste cose. Di montagna, indubbiamente, e poi avrei scritto di bosco, di animali; avrei scritto soprattutto di gente di montagna.

D: Montagna, bosco, animali, gente di montagna: in effetti tutti questi, nonostante la guerra, sono stati gli elementi della narrativa di Mario Rigoni Stern. Potrebbero essere anche oggi gli elementi di una narrativa attuale? e come?
R: Sì, lo possono essere anche oggi, specialmente se confrontiamo l’oggi con l’ambiente e la natura della mia giovinezza: se torniamo indietro di sessanta o settant’anni vediamo come l’ambiente era ben diverso, e come in questi ultimi anni – soprattutto dal 1960 circa in avanti – abbiamo avuto un notevole degrado della natura.

D: E qui tocchiamo i temi che riguardano le nuove generazioni: montagna e bosco – per i giovani oggi – non sono più almeno in parte ciò che rappresentavano un tempo; il bosco rimane spesso un ambiente lontano e poco vissuto: che conseguenze può portare questo? e cosa si può fare?
R: Beh, io credo che ci sia un uso sbagliato dell’ambiente: l’ambiente selvaggio non è utile per l’uomo, la vera ecologia è quella che sa essere equilibrata, anche con il progresso. Parlando di bosco, e di foresta in genere, questa dovrebbe essere mista, di varie specie, di diverse età e coltivata: la natura lasciata a se stessa diventa selvaggia, e oggi non c’è nessun luogo della terra in cui la natura sia rimasta tale. Noi ereditiamo una natura che è già stata coinvolta nelle attività umane – recentemente distrutta o semidistrutta, più che coinvolta – e inoltre ci sono dei luoghi che sono stati abbandonati dall’uomo dove la natura ha ripreso il sopravvento, è dilagata, ma in maniera incontrollata e anche con delle anomalie che non sono utili all’uomo. Non c’è luogo della terra dove l’uomo non sia arrivato: oggi dobbiamo coltivare la foresta, il bosco, non c’è alternativa. Per farlo però ci vuole molta pazienza e molto tempo: il bosco non è una vite, non è un frutteto, non è un giardino di città e nemmeno un parco naturale.

D: che cosa può trovare l’uomo nel bosco di montagna? a parte le risorse naturali per la sua economia?
R: può trovare il suo vero contatto con l’ambiente e con la natura: molte volte i parchi naturali, troppo frequentati, sono poco naturali; ne abbiamo esempi anche in Italia, mentre in un bosco può essere diverso.

D: ma questa non è una contraddizione? augurarsi che la gente riscopra il bosco e al tempo stesso riconoscere che il bosco debba essere poco frequentato?
R: il bosco deve essere rispettato, non poco frequentato: deve essere innanzitutto rispettato. Bisogna educare le persone ad affrontare come si deve l’ambiente, la natura. Io che vivo e ho sempre vissuto in montagna, che mi interesso di questi problemi, vedo come anche molte pubblicazioni che si definiscono ecologiste – ecologia è una parola oggi molto abusata – o persone che si definiscono naturalisti sappiano in realtà poco di natura.

D: Lei vive in montagna, sull’Altopiano di Asiago: è un luogo dal quale può vedere come le persone frequentano il bosco di montagna e la montagna in generale; che cosa ha visto cambiare in questi anni?
R: ho visto per esempio che i mezzi motorizzati vengono usati in maniera disastrosa: si immagini, quest’inverno, decine di motoslitte in giro per le nostre montagne a far chiasso e a spaventare e far scappare gli animali dai loro posti di svernamento! Questo è quanto di più grave ci possa essere per loro: è più facile farli morire così che andando a caccia.

D: Ha l’impressione che le giovani generazioni abbiano sensibilità verso questi temi?
R: Ci sono dei giovani che si interessano, ma molti sono male indirizzati; e poi ci sono quelli che come dicevo prima usano i mezzi che il progresso propone non per conoscere l’ambiente ma in maniera distruttiva: queste persone hanno paura di camminare, hanno paura del silenzio, hanno paura della solitudine. La natura bisogna frequentarla in questa maniera: in silenzio, e anche in solitudine, per capirla, per sentirla, per ascoltarla, per avere con essa rapporto e comunicazione. Se andiamo sulle slitte in maniera chiassosa, se andiamo con una radiolina, non ci accorgiamo nemmeno dell’ambiente che abbiamo intorno.

D: Parlando di giovani spesso si parla di professione, di lavoro, di "trovare la propria strada": lei la sua strada – l’espressione personale che le ha permesso di tracciare un percorso – l’ha trovata nello scrivere; ritiene che la scrittura sia uno strumento valido ancora oggi per una realizzazione personale? la indicherebbe ad un giovane? e in che modo?
R: Intanto per scrivere bisogna avere qualcosa da dire. Io ho fatto l’impiegato dello Stato per molti anni e si viveva ugualmente. Dopo aver pubblicato "Il sergente nella neve" Vittorini mi disse: "e ora che farai?"; "continuo a fare l’impiegato", gli dissi, "non mi metto a fare lo scrittore: scriver&ograve
; se avrò tempo, se avrò voglia, se avrò qualcosa da dire"; mi rispose: "fai bene, perchè uno che scrive un libro e ha successo non è ancora detto che sia uno scrittore". Direi ai ragazzi di leggere molto, e guardare poco la televisione…

D: Perchè?
R: Perchè di solito quello che ci propina la televisione sono stupidaggini: sono rari i programmi intelligenti che possano dare qualcosa per crescere.

D: E letture buone – nella letteratura attuale, quella più recente – ce ne sono?
R: Nel ‘900 penso a Fenoglio, a Biamonti, a Calvino, a persone che mi erano anche vicine, come Nuto Ravelli, Primo Levi… ma quelli sono già miei coetanei… Nella letteratura giovane non vedo granchè… ma abbiamo tanto da leggere, a partire da Tucidide e da Senofonte e fino a oggi, che non basterebbe una vita nemmeno per leggere i Greci e i Latini!..

D: Perchè secondo lei non c’è molto nella letteratura giovane? è già stato detto tutto o non si trova il modo di dire dell’altro?
R: No, non è stato detto tutto e non si tratta del modo di dirlo: io credo che la letteratura giovane sia un po’ sviata, che abbia prestato attenzione a cose che non la meritano. Vedo che gli autori contemporanei – almeno le generazioni successive alla mia – non vanno alla sostanza delle cose: che è l’uomo, dopo tutto. Invece io dico: prendiamo l’uomo nel 2006, in questo ambiente, e ragioniamoci sopra, facciamo dei paragoni e dei confronti, e non soltanto considerando noi due qui, ma anche quelli che vivono nei sobborghi poveri delle città, o quelli che emigrano… Oggi forse vediamo le cose in maniera troppo ristretta.

D: L’uomo nel 2006 può ancora parlare con gli alberi?
R: Certo, come gli parlava 5000 anni fa: abbiamo tante cose da dire e tante cose da vedere. Si tratta di capirle.

D: Abbiamo parlato molto di bosco. Parlando più in generale di montagna, che posto ha secondo lei la montagna nella società odierna?
R: Dovrebbe riprendere il posto che aveva un tempo come importanza: dovrebbe essere coltivata e non abbandonata. Soltanto che in montagna è più difficile viverci, e la gente preferisce andar via, anche se ora sembra che ci siano dei segnali di ritorno. Però bisogna dare alla gente che vive in montagna la possibilità di vivere con decoro: oggi in montagna è difficile vivere con decoro, perchè costa molta fatica. Vedo gli allevatori, i contadini dalle mie parti: tagliare il fieno oggi è più facile, perchè abbiamo le macchine, così come è più facile tenere una stalla di 30-50 vacche; ma la produzione di massa, i problemi delle quote, la concorrenza con il mercato di pianura, sono fattori che mettono in difficoltà la produzione minore, anche se quest’ultima ha una qualità più elevata.

D: Problemi economici a parte, perchè un giovane dovrebbe poter scegliere di vivere e lavorare in montagna? che cosa vi potrebbe trovare di più o di diverso?
R: Potrebbe trovare un riscontro maggiore dal punto di vista spirituale, direi, morale. Sono parole grosse: uno che lavora a mille metri, e vive dell’allevamento e della produzione della sua stalla, ha la vita più dura perchè non ha ferie, deve lavorare anche il giorno di Natale, deve alzarsi la mattina molto presto, ma è ripagato in altra maniera. E’ ripagato dalla passione, dal fatto di vivere e lavorare con cose vive, la natura, gli animali che alleva e che lui trasforma in prodotto: è una creazione, non è un ricopiare cose stupide, un fare movimenti ripetitivi; non è uno di quei lavori che non danno soddisfazione all’uomo perchè non sono creativi.

D: Quindi in montagna si potebbero ritrovare passione e creatività?
R: Penso di sì, e anche la possibilità di metterci la fatica, il che non è poco. E’ una scelta: ci sono quelli che scelgono di farsi monaci, quelli che scelgono di diventare poeti; è una scelta intelligente, che costa fatica, ma che ricompensa chi la sa fare.

D: Lei conosce giovani che hanno scelto di vivere in montagna?
R: Certo, li conosco e li seguo, in un certo senso: dalle mie parti non è insolita questa cosa. Riescono a mantenere la famiglia con un certo decoro, certo non hanno il tempo di fare ferie… ma la soddisfazione di avere un bell’allevamento o di fare un buon formaggio non è cosa da poco.

D: Il turismo può aiutare l’economia di montagna?
R: Bisogna educare i turisti, perchè chi vive nelle città di oggi è molto lontano da questo mondo: sono mondi contrastanti…

D: Il turismo potrebbe quindi avere anche una funzione educativa, oltre che ludica?
R: Potrebbe averla, ma in buona parte non la ha, perchè non sono molti quelli che vengono in montagna con una concoscenza dell’ambiente…

D: Per concludere: poco fa lei diceva che per scrivere bisogna innanzitutto avere qualcosa da dire; che consiglio darebbe ad un giovane che abbia qualcosa da dire, e che voglia farlo con la scrittura?
R: Di badare alla qualità dell’uomo. Una volta un famoso cantante mi chiese di aiutarlo a scrivere un libro; gli dissi: "guardi, la cosa è molto semplice: non occorre avere penne stilografiche d’oro nè carte speciali; prenda una vecchia agenda e una matita e scriva: si tratta soltanto di avere idee, e poi se queste valgono troveranno la strada per farsi sentire".

Intervista di Andrea Bianchi.
© Etymo gmbh-srl.

Mario Rigoni Stern su Google >

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3 Responses to VIVERE IN MONTAGNA PER RITROVARE PASSIONE E CREATIVITÀ Intervista a Mario Rigoni Stern

  1. Lorenzo ha detto:

    Vorrei innanzitutto ringraziare il signor Stern per l’intervista, poichè essa stessa è fonte di “idee” che aiutano i giovani.
    Io sono uno di quei giovani, amanti della montagna, che spera un giorno di poterne vivere un piccolo frammento.
    Si, perchè la montagna è un termine d’ampio respiro, che racchiude un mondo talmente grande e così difficile da comprendere in un sol colpo.
    Ci vuole esperienza… forse è per questo che quando leggo parole come quelle del signor Stern, è come se si velassero d’una patina più forte, impregnata di verità e di saggezza. Fuoriuscite da un uomo che vivendo in montagna, è diventato parte integrante di essa.
    La montagna è fatta di silenzi, l’uomo moderno di parola. Ognuno vuol dire la sua; ognuno vuole vivere in prima fila. Ecco, la montagna mi sta insegnando talvolta a tacere, a riflettere, prima di parlare. E non è cosa di poco conto, oggi.
    Vorrei ringraziare il signor Stern, perchè io qualche idea la possiedo, bisognerà vedere se vale… ma chi lo sa?
    Grazie ancora, a tutti voi, per l’intervista.

    Lorenzo

  2. naike ha detto:

    è bellisimmo dice un zacco di cose comunque sono naike e vengo da napoli e posso dire che è veramente bello….Però ci dovresti aggiungere + foto una scrittura piu colorata ….Un po di allegria!!!!!

  3. a. ha detto:

    ho scritto perche soffro di attacchi di anzietà dove vivo in città……………

    vorrei trasferirmi in montagna–o al meno ad una quota sopra 800 metri………..

    per ragioni di salute–

    fra ora ed ottobre………

    il problema è di trovare alloggio–
    dispongo di solo €250 mensile…………………………..
    posso pagare un puo—
    pero’ non le tariffe normali turistici!…………………………………………

    sono disposto di permutare lavoro leggero part time in-cambio-di vitto e allogggio………………

    posso anche acettare l’acoglienza di una famiglia………………………………..
    pero’,preferisco di vivere da solo–

    magare in una baita o casetta–anche un roulotte…………………..

    Se avette qualque indicazione,

    vi prego scriverme al più presto…

    GRAZIE,

    Antonio

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